Giunge la condanna in primo grado per gli imprenditori Giuseppe, Antonio e Daniele Lobello, nell’ambito del processo penale incamerato dalla DDA di Catanzaro all’indomani dell’operazione “Coccodrillo“, condotta dai finanzieri del G.I.C.O, che vede coinvolti gli imprenditori “per aver agito allo scopo di sottrarre il proprio patrimonio aziendale all’adozione di prevedibili misure di prevenzione antimafia”.
In particolare i tre imprenditori erano accusati, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio, estorsione e favoreggiamento reale. Per i suddetti reati, non ha retto, nel dispositivo del giudice, l’aggravante mafiosa ex art. 416 bis c.p. per tutti e tre i Lobello.
Il GUP, Marco Ferrante, ha dunque condannato Giuseppe, detto Pino, Lobello a 8 anni e 10 mesi di reclusione (invece dei 12 richiesti dalla PM Veronica Calcagno), comminando allo stesso, anche le pene accessorie dell’incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione per la durata di 5 anni, dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dell’interdizione legale per l’intera durata della pena.
Mentre una condanna a 4 anni e 8 mesi di reclusione e ad multa di 8 mila euro sono state inflitte ad Antonio e Daniele Lobello (per i quali erano stati invece richiesti dall’accusa 8 anni). Per i due era stata prevista la misura cautelare della detenzione domiciliare, alla quale sono sottoposti dal 11 marzo scorso, data del blitz.
Gli imprenditori, difesi dagli avvocati Loiero, Gambardella, De Caro e Mancuso, avevano optato per il rito abbreviato.