Si festeggia oggi San Bartolomeo da Simeri, il Santo natio dell’Antico Borgo. La sua storia

L’effige di San Bartolomeo nella chiesa di Simeri

È l’unico Santo ad essere natio del territorio comunale di Simeri Crichi. Secondo la storia, infatti, Bartolomeo, al secolo Basilio, detto anche Trigono, nacque a Simeri intorno al 1050. È stato un monaco cristiano e presbitero italiano, fortemente votato alla vita eremitica.

Due sono i quadri principali che lo raffigurano esposti nella chiesa madre di Simeri ed oggi, proprio in questo luogo, in sua memoria verrà celebrata una S. Messa alle ore 19, ricordandone il carisma ed il suo vissuto.

LA STORIA

Rispettato dai principi normanni, esaltato dall’Imperatore bizantino, venerato dalla Chiesa orientale, apprezzato dal Papa e dalla cristianità occidentale, San Bartolomeo fu un vero e proprio ponte tra culture millenarie, tra Oriente ed Occidente, tra cattolici ed ortodossi.

Basilio, malgrado la giovane età,si interessò più alle questioni religiose, divenendo un assiduo frequentatore della Chiesa e dedicandosi all’eremitaggio. Di quest’ultima notizia rimane prova a Simeri nelle grotte presenti ancora oggi sulla rupe tra il quartiere Grecìa e l’abitato, che la tradizione vuole fossero usate da San Bartolomeo come rifugio di riflessione e preghiera. All’età di dieci anni lasciò Simeri, vagando tra i monti della Sila e conoscendo altri asceti, e rendendosi sempre più cosciente della Sua “missione” ovvero restaurare e far rifiorire il monachesimo greco, ridotto in macerie come i suoi edifici.

Le grotte di Simeri in cui si rifugiò S. Bartolomeo

Dopo alcuni anni di solitudine, infatti, la sua fama di santità si diffuse e fu convinto a tornare nel mondo civile per realizzare un’importante opera: la erezione di un monastero, detto poi del Patirion, ed una chiesa, intitolata a Santa Maria Odigitria, in una località fra i paesi calabri di Rossano e Corigliano. In questo sforzo fu sostenuto da Cristodulo, dignitario (admiratus) del re normanno Ruggero II di Sicilia, e dalla madre di quest’ultimo, Adelasia del Vasto. Con la fondazione di questo convento, del quale divenne abate, Bartolomeo riuscì con successo a realizzare la tranquilla coesistenza del monachesimo di rito cattolico-bizantino con la signoria normanna.

Venuto in conflitto con l’arcivescovo di Rossano, di rito bizantino-cattolico, che intendeva imporre la propria autorità sul convento, nel 1105 Bartolomeo si recò a Roma ove ottenne da papa Pasquale II l’autonomia del convento, che da allora sarebbe dipeso direttamente dalla Santa Sede. Recatosi a Costantinopoli per trovare arredi e immagini che potessero abbellire la chiesa del convento, fu ricevuto con tutti gli onori dall’imperatore Alessio I Comneno e dall’imperatrice consorte Irene, dai quali ricevette numerosi doni. Mentre si trovava nella capitale bizantina a Bartolomeo fu richiesto di recarsi sul Monte Athos per ripristinare la disciplina nel Monastero di San Basilio il Grande, cosa che egli fece con successo.

L’invidia per i suoi successi spinse alcuni detrattori ad accusarlo di aver arricchito i propri parenti con donazioni destinate al monastero da lui fondato. Portato a Messina, fu processato e condannato al rogo. Narrano gli agiografi che gli fu consentito, prima dell’esecuzione, di celebrare ancora una volta la S. Messa dinnanzi alla corte. Durante la Consacrazione una colonna di fuoco che si innalzò dinnanzi a lui fino al cielo avrebbe convinto gli astanti, tra i quali lo stesso re Ruggero, che Bartolomeo era innocente della accuse mossegli, ed a chiedergli perdono.

Per volere di Ruggero II, Bartolomeo predispose dal 1121 la fondazione dell’archimandritato del Santissimo Salvatore, che fu completato nel 1132 dal suo successore Luca.

Rientrò nel 1128 nel suo Monastero calabro di Rossano ove morì.

Pubblicato da Redazione

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