«Da sempre denuncio la mancanza di rampe, ascensori per disabili. Oggi l’ho provato sulla mia pelle. Corrimano non completo. Ho perso l’equilibrio. Mi sono tenuto forte e ho evitato di farmi tutta la scala. A quando una soluzione? Perché dover essere umiliati da tanto menefreghismo e indifferenza?
E non mi dite che esiste il personale per i disabili perché io ci voglio arrivare con i miei piedi al treno. Ma se fosse caduta una mamma con un passeggino o un anziano? E chi ha bagagli enormi?»
È questo ciò che ha postato sulla sua pagina Facebook Don Francesco Cristofaro, parroco della comunità di Simeri, descrivendo il momento in cui, per l’ennesima volta, si è ritrovato ad affrontare gli ostacoli che non solo lo riguardano personalmente, ma che accomunano tantissime altre persone.
L’accaduto in questione si è verificato presso la stazione ferroviaria di Lamezia Terme, una stazione che, al quanto sembra, non sembrerebbe essere idonea alle persone affette da disabilità fisica e nonostante le svariate denunce, non sembra siano stati ancora presi i giusti provvedimenti.
Il sacerdote, sin da piccolo affetto da una paraparesi spastica alle gambe, avrebbe dunque perso l’equilibro mentre si trovava a percorrere una delle rampe di scale che collegano i sottopassaggi tra le linee ferroviarie. Per fortuna, la forza impiegata nell’aggrapparsi al corrimano, sarebbe stata tale da evitare la caduta del giovane parroco. Lo stesso ha quindi riportato alcune ferite e diverse escoriazioni ma fortunatamente nulla di grave.
Ciò che fa più male è probabilmente lo scenario che si evince dai tanti casi denunciati, è la carenza che purtroppo condiziona anche lo sviluppo culturale non solo della nostra provincia e della nostra Calabria ma della maggior parte del Meridione d’Italia. «Tra le tante – continua don Francesco nel suo post – non passano inosservate quelle causate dalle numerose barriere architettoniche presenti ovunque sparpagliate sui territori, che condizionano in peggio la vita delle persone con disabilità; non vogliamo il di più, vogliamo ciò che è giusto».