Life-Palermiti. Quando a perdere in campo è lo sport

Un momento precedente alla rissa in campo

Life Simeri Crichi- Palermiti è una partita importante per la corsa all’ultimo posto valido nella zona playoff tra due squadre di terza categoria, ovvero il gradino più basso nella gerarchia dei vari campionati dilettantistici nel panorama calcistico italiano. Si gioca in questi campionati né per soldi (anzi si ci rimette pure) né per fama (a meno che la massima ambizione personale sia quella di diventare il bomber del paese), quanto per condividere la passione pei uno sport, quello che milioni di italiani preferiscono, e abbracciarne i valori trasmettendoli, oltre che poi divertirsi e anche confrontarsi con le diverse realtà del territorio vicino, perché ogni squadra è rappresentativa di un paese.

Che si giochi in serie A o in terza categoria, il calcio comporta una serie di atteggiamenti dettati dall’agonismo che lo caratterizza come uno sport “duro”: è uno sport fatto di contrasti fisici, di fatica, di lotta; uno sport che richiede anche una lucidità mentale che mantenga i nervi saldi per due ore circa. Una partita di calcio non si può certamente paragonare a una passeggiata con la propria ragazza sul lungomare. E infatti neanche Life Simeri Crichi-Palermiti è una passeggiata per le due squadre, visto il peso della posta in gioco, tant’è che la partita fin dai primi minuti si configura in maniera tutt’altro che morbida, con le due squadre che non si tirano indietro e con il Palermiti che dopo l’ottimo inizio della Life trova il vantaggio con un eurogol di Gullà da fuori area.

Il calcio però si basa anche su dei valori che vanno oltre l’agonismo sportivo: sin dai primi calci s’insegna il rispetto per gli avversari, la lealtà, la correttezza e seppure alcuni di questi principi non vengano sempre applicati (a volte neanche in serie A), si cerca sempre in campo di mantenere quanto meno l’equilibrio della tenzone, evitando magari di far sfociare un evento sportivo nella riproduzione dei moti rivoluzionari del 1848. E se un giovane arbitro si vede costretto a fischiare la sospensione della partita dopo nemmeno venti minuti e a scomodare tre pattuglie dei Carabinieri vuol dire che qualcosa, più di qualcosa, è andato storto. Le scene che si sono viste oggi al Comunale hanno rappresentato il punto più basso di ciò che una partita di terza categoria deve trasmettere: l’agonismo è degenerato in follia, la durezza in violenza, e così gran parte di calciatori e membri della panchina si sono lasciati trascinare in una spietata guerriglia, con tanto di maglie sporche di sangue.

Dal campo oggi non è uscito nessun vincitore: hanno perso i valori dello sport, considerando che alla partita assistevano padri con bambini piccoli; hanno perso i calciatori, considerando che hanno sprecato una domenica di calcio per guadagnare pugni in faccia; ha perso la dignità di un paese, perché la realtà di Simeri Crichi non è questa ma è stata messa in cattiva luce. E sembra così lontano quel modello di sportività che nella scorsa stagione le altre società invidiavano alla Life, fatto di terzo tempo e fair play; un modello che ci auguriamo tutti venga ripristinato al più presto.

Pubblicato da Francesco Antonio Pollinzi

Caporedattore centrale.