Proseguono le proteste in ogni angolo della Calabria da parte dei 6520 tirocinanti, ex lavoratori della mobilità in deroga, che martedì scorso hanno visto spegnersi quell’ultima speranza che vedeva già da tempo appeso ad un filo il loro futuro lavorativo. Tra di loro, chi presta servizio da più di dieci anni negli enti pubblici, privati e Ministeri, svolgendo un’attività essenziale, ma rimanendo lavoratori fantasma, senza una prospettiva futura di regolarizzazione.
Il Consiglio dei Ministri, in una seduta degli scorsi giorni, ha difatti dichiarato inammissibili tutti gli emendamenti presentati a firma del deputato calabrese Francesco Cannizzaro, emendamenti volti alla risoluzione della decennale vertenza dei tirocinanti ex mobilità in deroga della Calabria. Una inammissibilità che ha mandato nello sconcerto i quasi settemila lavoratori calabresi e tra di loro quelli prestanti servizio presso il Municipio di Simeri Crichi che, nella mattinata di oggi, hanno fatto sentire la loro voce proprio dinanzi il palazzo comunale.
Giunto il primo cittadino, Pietro Mancuso, i cittadini hanno quindi seduto nell’ufficio del sindaco per discutere in merito alla vicenda. Mancuso ha assicurato il proprio sostengo rimarcando la valenza del servizio che questi offrono per mandare avanti la macchina amministrativa. «Auspico – ha detto Mancuso – che intervenga il Governo centrale perché la stabilizzazione non può essere relegata alla sola Regione, serve un intervento serio e fattivo da parte del Governo».
Sul caso hanno espresso la loro anche i consiglieri del gruppo indipendente di Simeri Crichi, con il capogruppo Domenico Garcea. «Inammissibile che si parli di emersione del lavoro nero da parte del Governo che permette da dieci anni lo sfruttamento di questi lavoratori – ha affermato Garcea – saremo al loro fianco con la speranza che si schierino tutti gli enti».
Non solo maggioranza ed indipendenti, anche i consiglieri di opposizione, hanno difatti voluto esprimere vicinanza e solidarietà ai lavoratori in regime di mobilità che, pur svolgendo attività essenziali in ambito pubblico, non godono ancora di alcuna garanzia lavorativa. «Questa vicenda dolorosa, che coinvolge migliaia di famiglie alle quali è stata negata una prospettiva futura solida e concreta – scrivono congiuntamente Nagero, Salerno e Fabiano – merita l’attenzione di tutte le forze politiche e della società civile – augurandosi, altresì – che gli organi competenti possano restituire loro il diritto al lavoro espresso anche dall’articolo 4 della nostra Costituzione, ponendo fine a questo stato di incertezza che oramai permane da troppo tempo».
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