Cade la tagliola dell’incandidabilità per i due ex amministratori comunali di Simeri Crichi che, il Ministero, aveva individuato quale possibile colante tra le consorterie di criminalità e l’ambiente amministrativo.
La Prima Sezione Civile del Tribunale di Catanzaro ha infatti evidenziato come per entrambi “non sussistano, allo stato degli elementi univoci, gravi e concordanti, tali da far ritenere che abbiano favorito, nell’espletamento del loro mandato, l’agire delle cosche locali, con conseguente rigetto della domanda di declaratoria di incandidabilità“.
La proposta di incandidabilità nei confronti dell’ex sindaco, Pietro Mancuso e dell’ex assessore al turismo del Comune di Simeri Crichi, Saverio Brutto, era stata avanzata dal Ministero dell’Interno, attraverso l’Avvocatura dello Stato, in seguito al provvedimento di scioglimento dell’amministrazione comunale, sulla base giuridica dell’art.143 comma 11del D.lgs 267/2000, ben più noto come TUEL, che colpisce “gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento di cui al presente articolo non possono essere candidati alle elezioni regionali, provinciali e comunali circoscrizionali che si svolgono nella regione nel cui territorio si trova l’ente interessato dalla scioglimento limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scioglimento, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedimento definitivo“.
Per quanto concerne Saverio Brutto nell’ordinanza si legge come “non si evinca un chiaro collegamento tra l’operato dello stesso, sul piano amministrativo, e l’azione delle consorterie criminose, né un asservimento del medesimo alle volontà e agli interessi delle cosche locali“. Né la sua posizione nell’ambito dell’operazione Basso Profilo, né i suoi rapporti personali con Gallo, il cui appoggio nella tornata elettorale del 2016 ha consentito di “sbaragliare i propri concorrenti ed assicurarsi un ruolo primario all’interno della compagine amministrativa” (dovendosi tuttavia escludere – per come stabilito dal Tribunale del Riesame – il patto elettorale politico-mafioso), costituiscono un’importante linea di tramite tra amministrazione e criminalità.
Quanto a Mancuso, sono tre i punti che il Collegio giudiziale ha analizzato. Riguardo agli affidamenti di lavori pubblici si evidenzia come “difetti l’evidenza che la gestione dell’amministrazione comunale si sia concretizzata nel tempo in un’attività diretta a favorire soggetti e imprese direttamente o indirettament e collegati a gruppi malavitosi. Sebbene sia ipotizzabile che il sindaco di una cittadina di piccole dimensioni non possa non essere al corrente di alcune irregolarità nel sistema di aggiudicazione degli appalti e di conferimento dei servizi della cosa pubblica, in mancanza di adeguata prova di tale conoscenza o di altri elementi sintomatici di una corresponsabilità nelle attività amministrative gestionali, le possibili ipotesi non assumono significato rilevante”.
Poi si passa ai rapporti dell’ex primo cittadino con gli imprenditori Lobello e di quelli tra lo stesso e l’imprenditore Gallo. Quanto ai primi, il Collegio ha sottolineato che “l’accertamento giudiziale allo stato compiuta non abbia individuato reati associativi incidenti sull’agire amministrativo del comune di Simeri Crichi”, mentre “si osserva come l’attività svolta dal Mancuso, quale difensore di soggetto, Gallo Antonio, indicato come di significativo spessore criminale, e coinvolti nell’operazione “Basso Profilo”, appaia giustificata dalla professione svolta dallo stesso”.
Da ultimo, la pronuncia sull’abitazione di Mancuso, e qui si legge che “quanto è risultato con riguardo alla assenza di idonei titoli amministrativi – urbanistici del “villino” abitato dal Sindaco, nonché alla carenza di regolarità con il pagamento dei tributi (e riportato nelle ultime pagine della memoria ministeriale), può essere sicura riprova, quantomeno, di un atteggiamento di scarso rispetto verso l’Amministrazione di cui era rappresentante, ma non basta da solo a giustificare la dichiarazione di incandidabilità domandata“.
Queste dunque le motivazioni espresse dal Collegio giudiziale, formato dalle giudici Francesca Garofalo, Wanda Romanò e Alessia Pecoraro.