Blitz antimafia, In manette noti imprenditori di Simeri Crichi. I dettagli della conferenza stampa

La conferenza stampa

«È un indagine importante che rappresenta un ulteriore passo avanti nella dimostrazione di quella che oggi è effettivamente la Ndrangheta: siamo nel mondo delle imprese, non le solite famiglie doc». Lo ha detto il Procuratore Capo della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, a margine della conferenza stampa tenutasi pochi minuti fa presso il comando della Guardia di Finanza di Catanzaro, illustrando i particolari dell’operazione “Coccodrillo” che stamattina ha portato il Gip a disporre sette misure di custodia cautelare (una in carcere e sei agli arresti domiciliari), misure cautelari interdittive nei confronti di altri tre indagati, nonché il sequestro preventivo di beni per un valore stimato di oltre 50 milioni di euro. Agli indagati sono contestati, a vario titolo, i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, autoriciclaggio, favoreggiamento reale ed estorsione.

L’indagine diretta dalla Procura Distrettuale di Catanzaro e condotta dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria-Gico della Guardia di Finanza di Catanzaro, ha evidenziato un grave quadro indiziario a carico degli imprenditori originari e residenti a Simeri Crichi, Antonio Lobello e i figli Giuseppe Lobello e Daniele Lobello, accusati di intestazione fittizia di beni,  realizzati attraverso un sistema di società, formalmente intestate a terzi, e tuttavia dagli stessi controllate e gestite, e ciò al fine di sottrarre il proprio patrimonio aziendale all’adozione di prevedibili misure di prevenzione antimafia. Dalle indagini è emerso che gli imprenditori nutrivano il concreto timore circa l’adozione di prevedibili misure ablative di prevenzione che riguardassero le società del gruppo, essendo emersi, più volte, a livello giudiziario, i loro rapporti con cosche ‘ndranghetiste, tanto che talune loro società sono state attinte da interdittive antimafia emesse dalla Prefettura di Catanzaro (CAL.BI.IN. Srl., Cantieri-Edili- Iniziativa 83 Srl e Strade Sud Srl).

In particolare a Giuseppe Lobello viene contestato di avere svolto, per la cosca Arena di Isola Capo Rizzuto, la funzione di collettore delle estorsioni imposte presso i cantieri edili del catanzarese. Detta opera di intermediazione e lo stretto legame con gli esponenti della cosca Arena e con altre consorterie operanti sulla fascia ionica-catanzarese, ha garantito alle imprese del Gruppo Lobello una posizione dominante nell’esecuzione di lavori edili e forniture di calcestruzzo su Catanzaro e provincia, nonché la protezione da interferenze estorsive di altri gruppi criminali, quale imprenditore “intoccabile”.

A Giuseppe Lobello, nei cui confronti è stata disposta la custodia cautelare in carcere, è stato, per ciò, contestato anche il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, oltre ai reati contestati agli altri suoi congiunti. Sono stati disposti, infatti, gli arresti domiciliari nei confronti di Antonio e Daniele Lobello, rispettivamente padre e fratello di Giuseppe, per i reati di trasferimento fraudolento di valori e autoriciclaggio, e la stessa misura cautelare è stata disposta nei confronti di quattro soggetti, tra dipendenti del Gruppo Lobello e intestatari fittizi delle società.

Gli indagati

Antonio Capellupo, 46 anni, residente a Botricello;
Vitaliano Maria Fulciniti, 44 anni, di Catanzaro;
Pietro Garcea, 34 anni, di Catanzaro;
Francesco Iiritano, 30 anni, di Catanzaro;
Antonio Lobello, 72 anni, di Simeri Crichi;
Daniele Lobello, 47 anni, residente a Simeri Crichi;
Giuseppe Lobello detto Pino, 51 anni, residente a Simeri Crichi;
Marika Lobello, 22 anni, di Catanzaro;
Gaetano Oliveti, 68 anni, di Taverna;
Vincenzo Pasquino, 60 anni, di Catanzaro;
Domenico Rotella, 43 anni, di Simeri Crichi;
Giuseppe Rotella, 53 anni, di Simeri Crichi;
Francesca Rotella, 49 anni, di Simeri Crichi;
Pasquale Torchia, 44 anni, di Botricello;
Pasquale Vespertini, 39 anni, di Catanzaro;
Anna Rita Vigliarolo, 43 anni, di Catanzaro.

IN CARCERE – Giuseppe Lobello

ARRESTI DOMICILIARI – Arresti domiciliari per Antonio Lobello, Daniele Lobello, Francesco Iiritano, Domenico Rotella, Anna Rita Vigliarolo, Vincenzo Pasquino.

INTERDITTIVA – Il gip del Tribunale di Catanzaro ha disposto la misura interdittiva del divieto temporaneo di esercizio della professione di ragionieri, consulenti, commercialisti per la durata di un anno nei confronti di Pasquale Torchia, Pasquale Vespercini, Vitaliano Fulciniti.

COLLEGIO DIFENSIVO – Nel collegio difensivo figurano i nomi degli avvocati Enzo, Davide e Arcangelo De Caro per Pino Lobello, gli avvocati Enzo De Caro e Piero Mancuso per Daniele Lobello, gli avvocati Enzo De Caro e Armodio Migali per Antonio Lobello.

CONFERENZA STAMPA

Secondo quanto affermato dal Procuratore Gratteri nel corso della Conferenza stampa, «le imprese in questione si relazionavano in modo diretto con famiglie più potenti della ‘ndrangheta come i Mazzagatti e gli Arena. Decine di imprese che inseguiamo da anni. Questa volta la Guardia di Finanza è stata più veloce di loro ed è riuscita, attraverso questa indagine, a scoprire come queste imprese si muovevano con l’abbraccio delle famiglie di Ndrangheta dominanti sul territorio calabrese».

«L’ordinanza eseguita oggi dà uno spaccato chiarissimo della corruzione» ha dunque spiegato il Procuratore Aggiunto, Vincenzo Capomolla.

«Si è dato un quadro chiaro della attività che negli ultimi 15-20 anni questo gruppo imprenditoriale ha posto in essere grazie ai rapporti di protezione e di reciproco sostegno con i gruppi criminali che operano sul territorio della provincia di Catanzaro e di Reggio Calabria» ha spiegato Capomolla.

Prima attraverso il fondatore dell’impresa Lobello Antonio e poi con l’attivismo nelle iniziative e i contatti del figlio Giuseppe, ha evidenziato ancora il procuratore, i rapporti con la criminalità organizzata sarebbero stati intrattenuti con gli esponenti delle cosche di ‘ndrangheta più pericolose del territorio calabrese. «Questo rapporto di reciproco sostegno con le cosche ed in particolare con i Mazzagatti e con gli Arena, gli avrebbe assicurato un numero formidabile di lavori con un arricchimento patrimoniale elevato». Rapporti profondi, con iniziative imprenditoriali specifiche dove in particolare vengono menzionati i macro-lotti della ss. 106 e tutte le iniziative imprenditoriali che hanno riguardato opere pubbliche e private nelle province di Catanzaro e Crotone, in cui è stato fondamentale il rapporto con gli Arena. 

«Ogni danneggiamento che poteva insorgere passava per il contatto diretto dell’imprenditore con i vertici della cosca stessa» ha spiegato Capomolla, «Abbiamo assistito a incontri tra Lobello Giuseppe e Nicolino Grande Aracri per problemi piccoli e grandi, un rapporto che tendeva tanto ad acquisire i lavori ma anche l’incolumità dell’imprenditore. L’alone dei Lobello – ha aggiunto – si spandeva sul territorio con la fama di essere  protetti da cosche di grande rilevanza. 

Dalle indagini è emerso, anche, un episodio di estorsione nei confronti di un lavoratore dipendente costretto ad auto licenziarsi contro la sua volontà da una società fittiziamente intestata a un prestanome, per incomprensioni sorte sul luogo di lavoro con i familiari di Giuseppe Lobello. «Il dipendente fu costretto a licenziarsi perché altrimenti se fosse stato licenziato dal Giuseppe Lobello quest’ultimo, per via della Legge Fornero, avrebbe dovuto versare 1500 euro. L’imprenditore avrebbe difatti intimato al dipendente “se ti licenzio io, li paghi tu questi soldi”. Alla fine il dipendente è stato costretto ad auto-licenziarsi».

Un’indagine complessa, per il Colonnello della GdF, Carmine Virno. «È il classico caso di un imprenditore colluso – ha detto – che crea un rapporto sinallagmatico con la cosca, rapporto non fondato sulla coercizione ma sulla condivisione».

Quello che oggi si trova al centro dell’operazione è stato quindi definito come «un gruppo imprenditoriale molto importante basato su più società, che si è creato una serie di aziende per tramite di prestanome. Oggi 5 di queste società sono state sequestrate». 

Beni per circa 50 milioni di euro sottoposti a sequestro: 41 immobili, 14 automezzi, appartamenti di Lobello Antonio e Giuseppe. 

«Da sottolineare come Giuseppe Lobello fosse divenuto fondamentale per riscuotere le estorsioni della cosca Arena sul territorio» ha aggiunto il Colonnello della GdF, delineando poi come la struttura organizzativa era ben delineata e come i fratelli Giuseppe e Daniele andavano a gestire ogni cosa. «I cognati erano messi a capo delle aziende e una serie di professionisti lavoravano per i Lobello con diversi compiti».

Tanti gli appalti pubblici acquisti dalle ditte riconducibili ai Lobello. «Ne abbiamo contanti fino ad ora 25» ha spiegato Virno, tutte società che agivano grazie a prestanome in quanto la società originare di Lobello Antonio non poteva più operare in quanto colpita da interdittiva. Rilevante altresì per gli inquirenti, i passaggi di denaro che dalle ditte in questione venivano immediatamente distribuiti nelle disponibilità del gruppo Lobello, passaggi che avvenivano o nello stesso giorno del pagamento o immediatamente dopo.

Pubblicato da Redazione

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